Il Vin Santo uno dei prodotti più antichi e tipici dell’enologia toscana, uno dei più tradizionali, la cui storia è radicata nella cultura contadina.
Perché Vin Santo? Sull’origine del nome ci sono diverse ipotesi. La più curiosa, a metà tra storia e leggenda, racconta che nel 1349, in occasione del Concilio Ecumenico che si tenne a Firenze tra vescovi cattolici ed ortodossi, questo vino fu offerto ai prelati provenienti da tutto il mondo cristiano. Il patriarca greco Bessarione, riscontrando una somiglianza con i vini della sua terra esclamò: “Questo è vino di Xantos”. Ma i commensali non capirono il riferimento geografico e pensarono che Bessarione avesse trovato il “vin pretto” toscano (così si chiamava prima) così buono da definirlo “Santo”.
Un’altra spiegazione fa invece riferimento al ciclo produttivo del vinsanto, basato intorno alle feste religiose più importanti del calendario liturgico cristiano. Alcuni spremono l’uva per i Santi, altri per Natale ed altri per Pasqua.
Altra ipotesi, meno suggestiva, invece collega il nome al fatto che questo vino fosse usato regolarmente durante la Messa, da qui il termine “santo”.
La produzione di Vin Santo è una vera e propria arte che richiede tempo e pazienza.
Un antico detto cita “un caratello ben avviato ha più valore di qualsiasi altra cosa, che all’occhio sembrerebbe più preziosa”.
Questo ci fa capire l’importanza di questo prodotto, che infatti in passato accompagnava ogni festa ed occasione importante.
Come ci ha raccontato Mauro, che è nato e sempre vissuto in queste luoghi, “ai miei figli ho fatto scegliere un’annata e ho asserbato quelle bottiglie fino al giorno del loro matrimonio” bottiglie che sigillate rimangono nella cantina a testimoniare il tempo che passa, che ne accresce la loro bontà.
Tutto questo ci ha spinto a riscoprire il Vin Santo, sono infatti alcuni anni che La Romagnana ha deciso di recuperare questa tradizione.
Per noi è importante che una tale eredità venga tramandata e che un simile valore legato alla terra non venga perduto.
Quindi con l’aiuto di due insegnanti speciali, dalla lunga esperienza, Mauro e Massimo, abbiamo intrapreso questa nuova avventura.
Il primo passo è la raccolta delle Uve, che avviene scegliendo i grappoli migliori, con acini radi e buccia spessa perché appassiscano senza marcire. Per questo noi ci affidiamo a Gianluca, un attento produttore d’uva toscano. I vitigni solitamente utilizzati sono Trebbiano e Malvasia e il Sangiovese per produrre l’occhio di pernice.
Dopo la raccolta si procede con l’appassimento delle uve, operazione fondamentale per la produzione di un “Vin Santo” di qualità. Le uve con l’appassimento perdono l’acqua dagli acini ed aumentando la percentuale zuccherina e questo andrà ad incidere sulla gradazione alcolica finale.
Allora si parte, le cassette colme d’uva vengono portate nel sottotetto dove già posizionati ci sono dei grandi cassoni di legno con il fondo di stuoie di canne, tutti impilati, così come si faceva un volta. Iniziamo con il primo, si riempie il fondo appoggiando i grappoli e poi si appendono anche lungo tutti i lati del cassone. Qualche grappolo cade per terra, è inevitabile … e si inizia a sentire nella stanza quell’inconfondibile profumo d’uva.
Una volta sistemata tutta l’uva, avvia l’appassimento. Nei prossimi tre mesi tutti i giorni saliremo nel sotto tetto a controllare lo stato dell’uva aprendo le finestre nelle giornate ventose e chiudendole nei giorni di pioggia. Il volume dell’uva diminuirà a vista d’occhio e il colore lentamente cambierà assumendo un tono sempre più ambrato nell’uva bianca e un rosso sempre più scuro nel Sangiovese.
Adesso quindi dobbiamo solo aspettare…